Vi siete per caso chiesti quanto tempo passa da quando, per esempio, entrando in una metropolitana, almeno uno dei vostri vicini di posto, non importa in quale città del mondo, estrae un telefonino o un tablet e comincia ad utilizzarlo in qualsiasi maniera (telefono, chat, giochi…)? Caso mai non vi foste premurati di farlo (quanto alta è la vostra ricettività in una metro affollata, magari di prima mattina?), il calcolo è stato già portato a termine per voi dalla solita Università americana ed il risultato è: un po’ meno di un secondo.
Ovunque (proprio ovunque!) nel mondo, a qualsiasi ora, esiste una connessione a qualcosa, una chat in movimento, un clic rubato, un wi.fi attivo con o senza password impossibili. Ebbene, se l’imperativo è diventato: “connessi sempre e ovunque e comunque” il rischio è quello, facilmente, prevedibile, di creare una dipendenza. Infatti, quel –o quei; generalmente, sono più d’uno- vostro vicino di metro che ha, per esempio, impugnato il telefonino sotto terra e lo ha fatto solo dopo pochi centesimi di secondo dal vostro ingresso nel mezzo, sta palesando chiaramente un atteggiamento irrazionale: probabile che lì sotto il segnale non arrivi, ma lui non riesce, comunque, a farne a meno; deve almeno tentare di essere connesso. Questo è un chiaro atteggiamento da “dipendenza” e la dipendenza va curata….. almeno così la pensano al reparto di psichiatria dell’Ospedale di Bedford in Pennsylvania. Infatti, da settembre, il reparto ha messo in funzione un programma di dieci giorni rivolto a tutti gli Internet dipendenti perché, ne sono, appunto, convinti a Bedford, Internet è ormai una droga e crea assuefazione come l’alcool. E, come tutte le droghe, causa incidenti, divorzi, crisi lavorative se non industriali.
Non sono gli unici a credere così….. due astutissimi studenti del Mit di Boston hanno inventato Pavlov Poke: se installato, vi manda una piccola scossa elettrica ai polpastrelli (incredibile, eh?) quando si accorge che state esagerando nel cliccare determinati tasti (per esempio quelli della vostra mail o, ovviamente di Facebook, calcolando che in media ogni iscritto ci passa 50 ore settimanali).
La virtualità, inoltre si riverbera sulla realtà, ovviamente. L’Università di Glasgow, studiando alcune grandi società londinesi, ha scoperto che ogni manager invia circa 70 mail al giorno delle quali ben l’80% risultano del tutto inutili, dal momento che sarebbe bastato fare una telefonata o, addirittura, alzarsi dalla scrivania ed arrivare all’ufficio accanto o non inviarla affatto perché mandata ad una mailing list generica all’interno della quale molti non sono per niente destinati nemmeno a capire quella specifica nota.
Dopo di che è simpatico notare che Paul McCartney imbusta ancora lettere per “ragioni estetiche” o che Orlando Bloom non ha un telefonino (moooolto difficile da credere..) e che Tyra Banks ha tolto di mezzo il suo Blackberry perché “le faceva male”.
Ma è pur vero, come afferma un giovanissimo utente di chat, che “dopo che hai ascoltato le onde ed il silenzio del mare aperto; dopo che hai ammirato foreste sconfinate e seguito avventure di lupi mannari e nevi eterne; dopo che hai sognato con paesaggi azzurri e poetici di viaggi esotici; dopo che la luna e le stelle ti hanno mandato tutti i loro possibili messaggi d’amore leopardiani… ti serve subito un caricatore Iphone”.
Francesca Mignosi
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