Negli ultimi cinque anni, complice anche la crisi economica che sta mettendo a dura prova la stabilità dei cittadini, la vendita degli psicofarmaci ha toccato picchi elevatissimi facendo di questi ultimi il quarto gruppo di farmaci più acquistati dagli italiani (secondo l Aifa si stimano 78,7 dosi giornaliere ogni 1000 abitanti). Siamo diventati il quinto mercato farmaceutico al mondo e, altro dato sbalorditivo, la prescrizione di psicofarmaci ai bambini è aumentata del 280%. Varie le proteste circa una somministrazione piuttosto superficiale da parte dei dottori con ripercussioni gravi sull'uso - abuso di questi farmaci su medio e lungo periodo. Il fenomeno non riguarda solo i bambini ma coinvolge tutte le fasce d’età, dalle persone anziane, agli adulti di mezza età fino a giovani e adolescenti. Dall'America è giunta negli ultimi anni la tendenza, ormai molto di moda tra i giovani, di svuotare gli armadietti dei medicinali dei genitori e fare un mix di farmaci da li prelevati da assumere con abbondante alcol: costo zero e sballo assicurato. Li chiamano farma party e vi finisce dentro di tutto: antidepressivi, sonniferi, analgesici. I danni collaterali sono da non sottovalutare, infatti questi cocktail chimici possono causare overdose letali e danni cerebrali a causa dell’associazione con l’alcol. Si stima che il 15,4% dei ragazzi faccia uso di psicofarmaci, non solamente per un uso ludico come nel caso prima esposto. Una diffusione sempre più capillare è certamente incoraggiata dalla semplicità circa la reperibilità dei farmaci grazie alla rete. Tuttavia il comportamento delle ragazze e dei ragazzi è sensibilmente diverso come dimostra uno studio effettuato dal Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le giovani fumano meno, consumano meno stupefacenti e sono meno interessate al gioco d’azzardo rispetto ai loro coetanei maschi a differenza dei quali però fanno un uso maggiore di psicofarmaci. Questo perché mentre per i ragazzi funge da stimolo il gruppo dei pari, per le ragazze gioca un ruolo decisivo il partner e la componente aggiuntiva dell’insoddisfazione di sé e della propria rete di rapporti. Si sta affermando la cultura della fuga dal dolore attraverso gli psicofarmaci: siamo una popolazione che ha una percezione di inadeguatezza e di incapacità nel gestire i propri impegni, il lavoro, i figli e lo stress della vita di tutti i giorni. La recessione influenza le abitudini degli abitanti di un paese in crisi ma lo psicofarmaco non deve diventare la risposta più semplice e immediata per qualsivoglia problema legato alla sfera emotiva altrimenti si rischia di far passare per malattie psichiatriche ( e come tali curate) quei comportamenti e disagi che altro non sono se non manifestazioni transitorie legate all'età e a problematiche vissute nei contesti sociali d’appartenenza, primo fra tutti il disagio adolescenziale. Nonostante il fenomeno si stia estendendo a macchia d’olio non sembra aver destato finora la dovuta attenzione da parte delle istituzioni. Ma una domanda sorge spontanea: perché se il mercato degli psicofarmaci è in grande espansione ad un aumento degli stessi corrisponde un aumento anziché una diminuzione del fenomeno? Questo avviene proprio perché in realtà gli psicofarmaci non curano il disturbo ma solo i suoi sintomi: non si guarisce dalla depressione perché non si affronta alcun corso di autocoscienza, percorso indispensabile per una vera guarigione, ma si mettono solo a tacere i segnali di malessere che la depressione ci invia.
Simona Rotondi |
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