Dopo il caso di Rawan, sposa bambina di soli 8 anni morta per lesioni interne dopo la prima notte di nozze, ecco che si ritorna a parlare del fenomeno delle spose bambine . Era stata data in moglie ad un uomo di 40 anni, venduta per duemila euro. Per quanto lugubre possa essere questa storia, Rawan non è la prima né sarà l’ ultima delle bambine che vengono costrette a sposarsi in tenera età. Solo nello Yemen oltre un quarto delle donne si sposa prima dei 15 anni, età che fino agli anni ’90 era stata posta come minima per il matrimonio, poi abrogata. Sotto la pressione della stampa e dell’ opinione pubblica internazionale esplosa in seguito all’ accaduto, il ministro per i diritti umani yemenita ha proposto il promulgamento di una legge che stabilisca l’ età minima per le ragazze da matrimonio. Sarà molto difficile però passare dalle parole ai fatti. Non si tratta infatti solo di una questione religiosa: il profeta Maometto ha si fornito un modello per il popolo musulmano sposando egli stesso una bambina di sei anni, ma non bisogna cadere in vacue generalizzazioni riconducendo tutto scontatamente all’ islamismo. Alle radici del fenomeno ci sono fattori culturali e sociali legati sia a pregiudizi di genere (discriminazione femminile) che a motivi di sussistenza: le figlie femmine nelle famiglie povere rappresentano solo un peso di cui liberarsi essendo meno produttive dei maschi e la loro vendita rappresenta una fonte di guadagno per mantenere altri figli. In altri casi il matrimonio viene invece auspicato dalle famiglie delle piccole sposine che non potendo assicurare loro un pasto quotidiano e un’ istruzione si augurano che vadano in moglie a qualche buon compaesano che possa offrire loro sussistenza e soprattutto protezione. In paesi quali la Siria da quando è scoppiata la guerra gli episodi di violenza sulle bambine non si contano più ed è dunque diventato più sicuro per loro essere date in moglie a uomini adulti per sottrarle al pericolo dello stupro. E’ proprio il caso di chiedersi: il gioco vale la candela? La risposta è assolutamente no. Alberga purtroppo ancora tanta ignoranza e disinformazione nei paesi in cui è diffuso questo fenomeno: le conseguenze sulla salute possono essere distruttive. Infatti i matrimoni precoci portano ad altrettante gravidanze precoci, pericolose per la madre e per il bambino, a complicazioni anche nei parti successivi e in molti casi perfino alla morte. Inoltre le minorenni costrette a sposarsi sono più esposte a sfruttamento, violenze e abusi. Quest’ ingiusta pratica è purtroppo sempre più in crescita: attualmente nel mondo ci sono circa 70 milioni di spose bambine il 42% delle quali proviene dal Pakistan che detiene questo triste primato. Secondo i dati dell’ Unicef i tassi più elevati di matrimoni precoci si registrano nell’ Asia meridionale e nell’ Africa sub sahariana, le stesse zone in cui dilagano altri spiacevoli fenomeni quali mortalità infantile, analfabetismo, malnutrizione. Bisogna opporsi a questi continui attacchi alla libertà personale della donna, i matrimoni precoci imposti dalle famiglie ledono i diritti umani e pertanto vanno contrastati sul piano giuridico con la formulazione di apposite leggi e sul piano sociale con una campagna di sensibilizzazione sui rischi correlati. Queste bambine non vogliono sposarsi: vengono troppo precocemente sottratte all’ ambiente protettivo della famiglia, alla rete dei coetanei, vengono spogliate della loro innocenza. E’ l ‘ età dei giochi non degli obblighi matrimoniali.
Simona Rotondi |
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