“Ara es l’hora”. Quando un Paese è in crisi quello che si può fare è analizzare i problemi comuni, individuare le cause e i colpevoli e lottare uniti, a volte con esito a volte senza; oppure, se ne si ha l’opportunità, prendere le distanze e dividersi dal Paese in questione cercando una soluzione indipendente. “Costruim junts un nou estat, per un futur millor” (costruiamo insieme un nuovo stato, per un futuro migliore), i catalani vogliono l’indipendenza, o almeno questo è quello che vogliono fare credere. Quello che si percepisce per la strada è piuttosto una psicosi nazionalista. Una elite culturale, un pugno di persone che vogliono fortemente questa separazione e un'altra fascia di catalani e/o spagnoli, nati e cresciuti in Catalunya, che pensa che la indipendenza sia fuori luogo. Passando per Sitges, per esempio, una famosa località di mare catalana, molto turistica e conosciuta nel mondo come capitale gay, parlare di indipendenza risulta essere alieno. I ragazzi con cui mi sono ritrovata a parlare dicono che il catalano non è di casa, l’indipendenza neanche e che per il lavoro turistico paralare catalano sarebbe del tutto controproducente. Chi è per l’indipendenza sa che esistono forti dubbi su questa e cerca, mediante opuscoli, informazione gratuita e assemblee, di disconoscere quelli che possono essere i lati negativi dalla divisione e promuove fortemente quelli positivi. La Catalunya è economicamente autosufficiente, la sua indipendenza non restringerà i diritti sociali, linguistici o democratici e l’autonomia è solo la via per creare uno Stato migliore. Sui dubbi più tecnici come la riscossione delle pensioni, dei contributi previdenziali, sulla sanità pubblica etc. spiega come il sistema venga retto non dallo Stato centrale ma dal rapporto tra chi percepisce e il numero di persone che fatturano ed essendo la Catalunya la regione più in attivo la situazione potrebbe solo migliorare. Il pericolo però, quello che non si nomina, è quello un nazionalismo nevrotico, di una guerra civile e di una frattura nella stessa regione catalana, dove la maggior parte delle persone pensano che sia possibile una indipendenza politica reale, ma impossibile una reale indipendenza.
Annalisa Pellegrino |