Lo scorso sabato è stata celebrata in Italia e in oltre cento paesi in tutto il mondo la giornata internazionale contro l’omofobia. Ideata da Louis-George Tin nel 2005, dal 2007 essa è celebrata dall’Unione Europea ogni 17 maggio, giorno in cui nel 1990 l’omosessualità fu rimossa dalla lista delle malattie mentali. Una gran folla vestita dei colori dell’arcobaleno ha riempito le piazze, e attraverso sit-in e opere di sensibilizzazione si è tornato a parlare dei diritti, ancora non riconosciuti, delle coppie omosessuali. Si parla dell’Italia come un paese evoluto, ma è davvero cambiata la situazione rispetto a quindici anni fa? Purtroppo non molto: continua ad esserci la mancanza di una legislazione che tuteli i diritti delle coppie omosessuali, motivo di grande disparità. Senza parlare della profonda ignoranza e disinformazione che c’è sull’argomento. Nel 2014 c’è ancora chi crede che dall’omosessualità si possa guarire, quasi fosse una malattia! Tanti i pregiudizi contro cui gay e lesbiche devono combattere e a causa dei quali le difficoltà incontrate nella vita di tutti i giorni si raddoppiano. La società è spesso crudele con queste persone presentando il loro orientamento sessuale come qualcosa di impuro, di anormale e sbagliato che deve essere curato e rettificato, o perlomeno nascosto. Purtroppo però la stigmatizzazione negativa nei confronti dell’omosessualità fa si che gli omosessuali siano i primi ad odiare se stessi per quegli impulsi “sbagliati” che non riescono a mettere a tacere, per quel corpo entro il quale non si riconoscono. Ma non si può sfuggire a ciò che si è, e la negazione del proprio io non porta a nient’altro se non a tanta sofferenza e disagio. Ed è per questo che poi, schiacciati tra la rabbia e il senso di colpa, molte persone decidono di togliersi la vita, recidendo per sempre il legame con quel corpo che ha portato loro solo tanta infelicità. Il suicidio è davvero molto elevato tra gli omosessuali, più del doppio che tra gli eterosessuali, specialmente fra gli adolescenti, vittime nelle scuole del cosiddetto bullismo omofobico. Crescendo sentono di non appartenere ai rigidi schemi che la società ha imposto loro, ma sanno altrettanto fermamente di non poterne parlare, perché parlarne significherebbe essere guardati con occhi diversi e potrebbe provocare l’allontanamento delle persone care. E’ per questo che a fare coming out sono davvero in pochi, la maggioranza continua a celare nell’ombra il proprio io con la speranza di trovare un giorno il coraggio che gli manca, nella speranza che qualcosa cambi. L’idea di un rifiuto da parte della famiglia, degli amici, della società, è troppo dolorosa e quindi ,per il bene comune, è meglio fingere di essere come gli altri, di essere come la società vorrebbe. Ma è il concetto in sé di diversità ad essere sbagliato: in natura l’uniformità non esiste, essa è solo un concetto creato dall’uomo. Ogni specie animale è diversa dall’altra e lo stesso accade per gli uomini: siamo tutti diversi e nessuno è uguale a nessun altro. Bisogna imparare ad accettare la diversità come valore aggiunto, perché una società che lascia ai suoi margini delle persone in base ai loro orientamenti sessuali è una società impoverita nel profondo.
Simona Rotondi |
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