E’ uno dei mali del nostro secolo, un mostro a più teste che si prende beffa dei più deboli fino ad annullare la loro autostima. Questo è il bullismo, una piaga sociale che acquista giorno dopo giorno dimensioni imponenti e risvolti sempre più drammatici grazie anche ai social network attraverso cui il bullo può spavaldamente perpetrare le azioni offensive a danno del malcapitato. Offese che vano ben al di la della violenza fisica e che riguardano il colore della pelle, peso corporeo, etnia e orientamento sessuale. Perché a far male più delle botte sono le parole, che continuano a rievocare dolorosi ricordi e non si cancellano, non vanno via dopo un paio di giorni come i lividi. Tante le motivazioni e un unico scopo: indebolire la vittima nel profondo acquistando su di essa il massimo potere possibile, allo scopo di annullarne l’opposizione e renderla assolutamente soggiogata fino a spegnerne ogni potenzialità. Sembra la classica storia del duro che ama fare il prepotente con i più deboli, eppure le ricerche mostrano che nella maggioranza dei casi i cosiddetti bulli provengono da situazioni di disagio sociale ed economico, hanno entrambi i genitori disoccupati e incanalano la propria insoddisfazione attraverso la prevaricazione sul prossimo. Da una ricerca effettuata da “European bulllying research” insieme a “Il sorriso del bambino” e “Telefono Azzurro” risulta inoltre che tra le principali cause del bullismo ci sia il razzismo e che l’Italia è il paese con meno casi in Europa. Questa indagine è stata il punto di partenza da cui è nata la European antibullying network (Ean) la prima rete europea contro il bullismo presentata l’11 giugno in una cerimonia ad Atene. L’Europa si coalizza contro i bulli: per questa importante iniziativa sedici istituzioni provenienti da ben dodici paesi europei hanno già mostrato la volontà di collaborare al network unite nella lotta al bullismo. Sono state raccolte migliaia di firme ed è in cantiere anche l’istituzione di una giornata europea contro il bullismo. A sostegno del tutto è stata inoltre elaborata una guida che raccoglie le pratiche migliori per sconfiggere il fenomeno e un video documentario intitolato “Bully diaries” che ne approfondisce le cause. La situazione sembra essere preoccupante anche in Italia come hanno dimostrato, nel modo più tragico possibile, alcuni recenti casi di suicidio di bambini, un fenomeno chiamato bullicidio. I casi sono tanti: Carolina, 14 anni, si gettò dal balcone di casa a Novara un anno fa, vittima da tempo delle molestie di cyberbulli; stessa sorte per un’altra quattordicenne di Torino, presa di mira per il suo aspetto fisico sul social network Ask.fm. Aveva quattordici anni anche la ragazzina che si è gettata dal tetto di un albergo in provincia di Padova e, anche nel suo caso, c’era di mezzo il social delle domande, dove era stata invitata da altri utenti a suicidarsi dopo che lei stessa aveva minacciato di togliersi la vita. Tutto questo ci offre un quadro particolarmente preoccupante del ruolo che svolgono spesso in queste vicende i social network e, più in generale, la rete, che diventa un mezzo di diffusione capillare di ingiurie, calunnie e persecuzioni. Occorrono progetti di informazione nelle scuole: è infatti tra i banchi che si verificano i primi contatti tra il bullo e la vittima, le prime umiliazioni, i primi soprusi. Mettere fine al fenomeno della prevaricazione ripetuta significherebbe ridare libertà a quanti, quotidianamente, si sentono intrappolati in una rete di violenze e offese che non lascia loro scampo, sarebbe la svolta decisiva per tutti quei giovani che ogni giorno lottano per essere se stessi.
Simona Rotondi |
|
|
|
COMMENTA L'ARTICOLO |
|