Fino al 1994 in Sudafrica vigeva l’apartheid. Ai neri era proibito usare i mezzi pubblici e quelli privati, era proibito entrare nelle zone riservate ai bianchi e gli uffici pubblici disponevano di due entrate separate. L’apartheid, in questa parte di mondo, non è finita per coscienza o cambio di mentalità ma più che altro per necessità demografica e di ordine pubblico globale. Gli effetti di questo solo apparente cambiamento si avvertono uguali e immutati anche oggi. Il più letto e diffuso quotidiano Sudafricano, il The Sowetan, ha denunciato l’esistenza di toilette separate, per le persone di colore e per quelli di color “latte”, nel centro commerciale Vleissentraal, nella provincia Sudafricana del Limpopo. Gli impresari del complesso commerciale hanno confermato la presenza di bagni differenti per bianchi e per meticci, “l’unica persona nera che può entrare nel bagno dei bianchi è la donna delle pulizie, e non può farne uso ovviamente”. Uno dei trenta titolari di colore che porta avanti la propria attività commerciale nel centro di Vleissentraal dice di essere costretto ad accettare la chiusura a chiave dei bagni dei bianchi per non creare ulteriori e inutili malesseri. La Commissione dei diritti umani ha assicurato, tramite il proprio portavoce, Isaac Mangena, che indagherà sugli accadimenti e verificherà le attuali condizioni di vita degli imprenditori neri di tutto l’impianto. Tutto questo accade proprio dove l’80% della popolazione è di colore e i bianchi rappresentano solo la minoranza del 20%. La popolazione del Sudafrica originariamente veniva divisa in 4 gruppi: gli afrikaàns, i mulatti bantues e khoisan e i bianchi. Per differenziare i mulatti e vedere a quale gruppo si avvicinavano di più si esaminava il colore delle gengive e l’attuale situazione del Sudafrica non sembra essere cambiata di molto. Nonostante le apparenti vittorie, l’eliminazione delle leggi razziste del 1991 e la proclamazione dell’ANC (African National Congress) con la successiva elezione del presidente Nelson Mandela, la Commissione dei Diritti Umani del Sudafrica registrò, solo nel 2013, 500 casi di razzismo. Nelle università, per strada, dovunque la discriminazione razziale continua, perenne, crudele e portata avanti dai bianchi proprietari terrieri, in un territorio che da sempre appartiene agli uomini di colore e dove proprio questi vivono in condizioni estremamente precarie.
Annalisa Pellegrino |