Dopo settimane di accese polemiche e speranze ben riposte ecco che la Consulta ha deciso, a distanza di ben otto anni dall'entrata in vigore, di bocciare la legge Fini-Giovanardi. Questa legge approvata nel 2006 aveva equiparato le droghe pesanti a quelle leggere aumentando le pene per spaccio di cannabis o hashish e parificandole a quelle per cocaina o eroina con una reclusione da sei a vent'anni e una multa compresa fra i 26 mila e 260 mila euro. Si è deciso di far rivivere la legge Iervolino-Vassalli come modificata dal referendum del 1993 che prevede pene più basse per le droghe leggere comprese tra due e sei anni di reclusione. Il motivo della bocciatura è dipeso da un discorso sulla legittimità stessa della legge, sollevato dalla Cassazione. La Fini-Giovanardi avrebbe infatti violato l’articolo 77 della Costituzione poiché nella legge di conversione del decreto furono inserite molti altri emendamenti estranei all'oggetto e alla finalità del testo di partenza. Tutto è iniziato il 13 gennaio a Torino, che è stata la prima città italiana ad essersi esposta all'abrogazione della suddetta legge. Seguendo la scia di altre regioni italiane quali Toscana, Liguria e Veneto dove oltre ad essere autorizzato l’uso di farmaci a base di cannabis per la terapia del dolore è stata approvata una legge per sperimentare la distribuzione gratuita di tali farmaci e la produzione diretta di marijuana, Torino ha detto si anche alla legalizzazione della produzione e dell’uso a scopo ricreativo della cannabis. Dopo Torino è stata la volta del Consiglio regionale di Puglia ad allinearsi votando all'unanimità la legge che disciplina l’utilizzo della cannabis ad uso terapeutico. E’ poi seguita a Roma la manifestazione nazionale a favore del la legalizzazione fino alla definitiva bocciatura della legge da parte della Consulta. In molti già parlano di legalizzazione, ma è ancora presto per dirlo. E’ pur vero che un tale provvedimento sarebbe non solo un duro colpo nella lotta alle mafie per lo smercio illegale delle sostanze stupefacenti, ma soprattutto una boccata d’ossigeno, non di poco conto, per le casse dello stato. A tal proposito uno studio dell’Università La Sapienza di Roma ha stimato che le imposte ricavate sulla vendita di cannabis ammonterebbero a circa 5,5 miliardi di euro l’anno. I dubbi però permangono, perché se è vero che una legalizzazione può portare dei benefici, è pur vero che si ridimensiona il messaggio sul rischi connessi all'uso di questa sostanza. La cannabis, originaria dell’India, si coltiva ormai in tutto il mondo ed è nota anche con altri nomi quali erba, spinello o genericamente canna e altro non è se non una miscela di fiori, steli e foglie della pianta che vengono fumati. E’ la sostanza illecita più diffusa consumata sia da giovani che da adulti. Da un sondaggio del 2012 risulta che più del 20% ne ha fatto uso almeno una volta nella vita, il 27% addirittura nei giovani tra i 17 e i 18 anni. Gli effetti collaterali associati al fumo di cannabis possono portare a tachicardia, deficit immunologici, bronchiti e disturbi del sonno, mentre sul piano mentale si possono riscontrare allucinazioni, attacchi di panico, irritabilità e manie di persecuzione. I dubbi sul da farsi permangono. Di sicuro c’è che con l’abolizione di questa legge si ridurrà una delle principali cause di sovraffollamento delle carceri. Alla fine del 2013 su 23 mila imputati ben 8 mila risultavano ristretti per violazione della legge sugli stupefacenti, mentre su oltre 40 mila condannati circa 15 mila erano in carcere per lo stesso tipo di reati.
Simona Rotondi |
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