Ricchezza e povertà sono concetti che hanno subito una profonda trasformazione, soprattutto nell’ultimo decennio, a seguito dei forti cambiamenti subiti dalla nostra società. Oggi, essa risulta industrializzata, economicamente avanzata e civilmente evoluta.
In particolare, si è ridotto il distacco tra ricchi e poveri, si è trasformato il loro modo di esternare i propri bisogni e sono nate nuove necessità ed esigenze che, a loro volta hanno inciso sulla differenziazione tra i due livelli della società. La gente ricca e famosa esterna la propria ricchezza in maniera quasi impudica e con uno sfarzo esasperato senza il timore o l’ansia che ciò provochi un’ondata di sdegno e di riprovazione popolare.
In passato i privilegiati tendevano quasi a nascondere i segni esteriori della loro sfacciata ricchezza, non osando apparire quelli che nella realtà dei fatti erano, cercando talora di vestire anche in maniera più dimessa in pubblico mentre in privato, nel chiuso di mura esclusive, lontano dai giornalisti, dai fotografi e dai curiosi, erano pronti a rifarsi. Oggi, invece, il lusso sfrenato dei potenti si offre all’ammirazione ed all’invidia del mondo. Le sfilate di moda espongono abiti costosissimi che incantano sia uomini che donne i quali, molto probabilmente, non potranno mai permettersi; le donne famose indossano gioielli raffinatissimi il cui valore si attesta di norma su budget di milioni di euro, totalmente fuori dalla portata delle masse; barche di decine di metri, elicotteri ed aerei personali, domestici, viaggi e bizzarrie vengono ostentati dai grandi imprenditori e dai personaggi famosi. Ogni giorno montagne di soldi vengono gettate via in questo modo bruciando risorse che, diversamente impiegate, potrebbero almeno confortare le altrui miserie. Certo molti personaggi famosi si dedicano ad opere di beneficenza ma, a volte, essa stessa diventa solo un ritorno economico oppure un ritorno in termini di immagine. Questa situazione attuale sembra ormai accettata come una realtà normale, come un fatto scontato nella sua legittimità, come un elemento positivo e non negativo del nostro tempo.
Oggi, l'unico obiettivo è divenuto quello di fare soldi ed arricchirsi a qualunque costo e con qualunque mezzo. Ecco il perché di tante trasmissioni televisive che sfornano persone che “senza prospettive” diventano popolari e ricchi in pochissime puntate. Esse vanno a soddisfare i desideri e la voglia di chi vuole mostrarsi a prescindere dalle proprie capacità, pur di acquisire fama e ricchezza. Il cinema, la televisione, i giornali, le riviste fanno a gara nel mostrare alla popolazione le immagini di ville, banchetti, incontri, ricevimenti in cui milionari, imprenditori, personaggi famosi e quelli popolari si contendono il campo. La gente guarda, nel contempo, stupita ed istupidita senza chiedersi più donde provenga tanta opulenza. Sembra che la ricerca della ricchezza, del lusso, della popolarità, accompagnati da programmi molto poco culturali abbiano svuotato le energie collettive, la capacità di riflessione e di reazione anche di chi assiste passivamente a tutto questo. I poveri “moderni” che assistono ad una tale ostentazione di ricchezza non sono, molto spesso, come gli sventurati dei tempi passati, privi di tutto, bisognosi di ogni cosa e che a stento riuscivano a sopravvivere attraverso un lavoro durissimo o con la carità altrui. Certo, ancora oggi sussistono contesti sociali di estrema povertà, di totale mancanza di beni essenziali-cibo, vestiti, un tetto sotto il quale vivere, minime risorse economiche, ma è tuttavia vero che rispetto al passato ampie fasce economico-sociali tradizionalmente povere ed emarginate hanno conseguito un netto miglioramento delle condizioni di vita. Pertanto, in una società come la nostra in cui il consumo di ogni tipo di beni utili, indispensabili o superflui cresce per una parte della popolazione, a dimostrazione delle più consistenti risorse economiche ed in cui la ricchezza viene ostentata senza riserve, è innegabile che i bisogni della collettività si siano trasformati.
Il bisogno non si configura più come mancanza del minimo indispensabile, vale a dire come indigenza, fame o miseria quanto, piuttosto, come privazione o minor godimento di beni di varia natura che altri, invece, hanno in larga misura. Essere povero oggi non significa non avere da mangiare o da vestire o disporre in misura insufficiente dei beni e dei prodotti occorrenti alla pura sopravvivenza, ma significa non usufruire di quanto, pur non essendo a rigor di logica strettamente indispensabile, viene tuttavia avvertito come necessario. Povertà oggi non è tanto lo “star male” ma il non “star meglio” attraverso un livello di benessere sufficiente. Poveri sono o si sentono, dunque, nell’ottica moderna, tutti coloro che non possono permettersi vacanze periodiche al mare, in montagna, all’estero; coloro che non dispongono di ville al mare o di case in montagna; coloro che non hanno la possibilità di frequentare luoghi di divertimento o vestire sempre con abiti griffati, con un guardaroba costantemente rinnovato e variato. In realtà non si può certo negare che chi non abbia, oggi, un tenore di vita attestato sui livelli medi della condizione collettiva sia oggettivamente povero, poiché povertà è anche e soprattutto una scarsa o inadeguata cultura ed una mancata partecipazione consapevole alla vita della comunità. Povertà è anche emarginazione, sfruttamento, mancanza di cultura, tutte conseguenze di uno status economico e sociale basso. Dunque, la drammatica realtà nella quale tutti viviamo crea nuovi poveri ogni giorno, che vanno ad aggiungersi agli altri che sono in una condizione di forte necessità. Questa situazione sociale aggrava l’insoddisfazione della collettività ed esaspera la crisi in atto.
Altro che benessere diffuso, altro che uguaglianza e giustizia sociale!
Giuliana Golia